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Trentino vacanze: sostenibilità e consapevolezza

Trentino vacanze: sostenibilità e consapevolezza

9 min tempo di lettura
L’Alto Adige non è solo un luogo ideale per ricaricarsi, ma anche per unire il piacere della guida elettrica al consumo consapevole. A bordo di una BMW iX, abbiamo visitato quattro personalità e aziende che si sono dedicate alla sostenibilità e alla regione per trasformare i propri sogni in realtà.

Il 3 marzo 2022

Consumo di elettricità in kWh/100km (WLTP): 23,0–19,3 kWh/100 km (in combinazione)
Autonomia elettrica (WLTP) in km:372–631 km  

Vivere in modo più consapevole non è una tendenza, è una condotta. È il piacere di una visione sostenibile. Il piacere di mettere in discussione la provenienza dei prodotti e dei generi di lusso che usiamo nella nostra vita quotidiana. Il piacere, durante un viaggio, di scoprire mete e sistemazioni in cui il turismo è concepito in un modo nuovo e rispettoso dell’ambiente. Questo piacere e questa consapevolezza complessiva delle origini del prodotto in casa BMW cominciano già dalle piccole cose, con la selezione degli ingredienti per la mensa BMW, e si estendono fino alla produzione delle automobili. Per esempio, BMW Group usa elettricità verde regionale proveniente da centrali idroelettriche per la produzione dei nuovi modelli elettrici BMW iX e BMW i4 nei suoi stabilimenti di Dingolfing e Monaco. Economia circolare e mobilità urbana sostenibile costituiscono il leitmotiv.

In questo contesto la BMW iX si inserisce simbolicamente come apripista dell’innovazione e della sostenibilità e il Trentino Alto Adige, con i suoi percorsi eterogenei, le strade di montagna e i passi alpini, sembra un parco giochi ricco di avventure disegnato per l’occasione. Non solo perché la regione alpino-mediterranea getta ponti tra i contrasti che ne permeano cultura e tradizioni, ma anche perché è la patria di molti pionieri della sostenibilità. Siamo partiti per un viaggio on the road (➜ Leggete anche: Sensazioni elettrizzanti a Oslo) per visitare quattro imprenditori molto attivi e visionari che si pongono la questione del vivere bene e dei buoni prodotti e condividono l’entusiasmo per un consumo consapevole: dal gestore del ristorante locale al produttore di verdure innovativo, dall’albergatore attento al risparmio energetico fino al viticoltore biodinamico.

Ristorante b.local: prodotti locali e stagionali in centro

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Il titolare Thomas Gantioler punta tutto su regionalità e stagionalità nel suo ristorante b.local.

Dal quartier generale della BMW a Monaco, una volta attraversato il Brennero, il viaggio ci porta dapprima nella Valle Isarco in Alto Adige. Nel lungo tratto attraverso le Alpi, la BMW iX riesce a dispiegare perfettamente le sue confortevoli caratteristiche di guida quando scivola via veloce, così come l’accelerazione senza strappi; riesce persino a riacquistare un po’ di energia attraverso il recupero nelle curve verso la valle. La destinazione è l’idilliaco centro di Brunico. Una volta giunti, parcheggiamo la BMW iX davanti al b.local, un ristorante in cui i gestori si concentrano sull’essenziale in un ambiente moderno: ingredienti regionali, stagionali e sostenibili. Anche le stoviglie sono fatte a mano nella regione. Piatti e scodelle, per esempio, provengono da una piccola azienda artigianale di Bressanone e sono stati realizzati appositamente per il ristorante. La lista dei vini comprende produttori di vino altoatesini affermati, ma anche giovani.

Quanto sia importante avere una concezione chiara, ce lo rivela il proprietario Thomas Gantioler. “Quello che facciamo riesce solo perché amiamo la nostra attività.” Ma è anche la reazione positiva da parte degli avventori a incoraggiare lui e la squadra. L’interesse per un consumo consapevole è decisamente aumentato, dice: “Percepiamo il desiderio di un prodotto con un’origine chiara”. E gli ingredienti utilizzati da b.local sono selezionati in modo altrettanto consapevole. Da una piccola base all’inizio, è stata costruita una rete di produttori prevalentemente piccoli e sono state stabilite relazioni di fiducia, che però coinvolgono anche la famiglia. I genitori di Gantioler hanno la loro fattoria che fornisce al ristorante conigli, frutta, verdura o erbe.

 

Il concetto di stagionalità viene preso molto sul serio dal proprietario Gantioler e dalla squadra che lo affianca. Sul serio senza compromessi. Il risultato è anche un menu più corto e ridotto all’essenziale. Dopo tutto, non tutti i prodotti sono disponibili in ogni momento. Niente è inciso nella pietra; il menu e i piatti variano. Ci sono sempre due o tre antipasti freddi o caldi, un piatto vegetariano, due o tre portate principali, più due o tre dessert. Un piatto può rimanere sul menu un mese o sparire la settimana successiva. “Alcuni prodotti sono disponibili solo per due o tre settimane all’anno. Altri più a lungo”, spiega Gantioler. “Una disponibilità più lunga non significa poi che i piatti che contengono questo ingrediente rimarranno disponibili per tutta quella durata.”

“In questa stagionalità risiedono l’attesa e la sorpresa che dovrebbero essere l’espressione della nostra filosofia. Mi fa piacere se cuciniamo i nostri piatti volentieri e con gioia. Solo allora possono essere buoni.” Un prodotto inoltre non ha mai lo stesso sapore, se arriva da questa zona quando è la sua stagione, rivela. “Quando in ottobre la notte comincia a fare freddo, il pomodoro ha più acidità, più intensità. Due settimane prima, quando c’erano ancora dieci gradi in più di notte, era molto meno evidente. E la differenza di gusto allora si sente.” Dopo tanti discorsi stuzzicanti, non possiamo fare a meno di provare qualcosa. La tartare di manzo regionale tagliata a mano e servita con patatine e uno strato di panna acida congelata, simile alla carta, non si trova più sul menu in questa composizione già poche settimane dopo. Al posto delle patate, la base è costituita da barbabietole semisecche. Un amore per i sapori regionali che non si ferma mai, si evolve sempre in modo creativo e in una varietà di espressioni: ecco cosa rende così piacevole il consumo consapevole. E lì vicino c’è anche una stazione di ricarica.

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Stefan Mühlmann: energia dall’innovazione all’Hotel Leitlhof

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Stephan Mühlmann è il junior manager del Naturhotel Leitlhof, uno dei pochi hotel autosufficienti dal punto di vista energetico in Europa.

Da Brunico, il viaggio continua verso le Dolomiti, fino a San Candido. Consiglio: lungo il percorso vale la pena fare una breve deviazione al lago di Dobbiaco. Dopo una ripida curva a esse, raggiungiamo la nostra destinazione: il Naturhotel Leitlhof, interamente rivestito di legno, che si inserisce in maniera estremamente naturale nella foresta circostante. Viaggiare e consumare in modo consapevole sono qui all’ordine del giorno: al Leitlhof l’elettricità e il riscaldamento sono prodotti in modo autonomo e a impatto zero (➜ Leggete anche: BMW e la tutela dell’ambiente). Questo rende il Leitlhof uno dei pochi hotel autosufficienti dal punto di vista energetico in Europa. Inoltre, il Leitlhof è certificato dal GSTC e quindi soddisfa i rigorosi criteri del Global Sustainable Tourism Council.

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Grazie alla propria centrale termoelettrica a legna, riescono a far funzionare e a riscaldare l’hotel, compresa la piscina esterna con vista panoramica sulle Dolomiti, con un impatto neutrale in termini di emissioni di CO2.

La mente dietro tutto ciò è il junior manager Stephan Mühlmann. L’altoatesino, intraprendente e concreto, con il quadro generale ben chiaro in testa, indica direzione e coordinamento e punta su piccoli ed efficaci circoli virtuosi: “Qui in Alto Adige, la natura è il nostro lusso. È importante proteggerla e preservarla. Ecco perché abbiamo sviluppato il nostro Leitlhof come un’impresa eco-sostenibile”, ci dice l’albergatore mentre dà un’occhiata al cuore dell’hotel: la centrale elettrica. Attraverso la centrale elettrica, riescono a generare da soli l’energia elettrica necessaria a far funzionare e a riscaldare l’intero hotel, compresa la piscina esterna con vista panoramica sulle Dolomiti, con un impatto neutrale in termini di emissioni di CO2.

Dopo un’intensa ricerca, Mühlmann ha optato per una centrale termica a legna dell’azienda Spanner Re² di Neufahrn vicino a Monaco. È stato uno dei primi a installare un impianto di questo tipo e ha impiegato oltre sei mesi per prenderci la mano e acquisire le conoscenze necessarie. “Qualche volta ho addirittura dormito sotto l’impianto per poter monitorare e testare tutto”. Ma il suo progetto visionario lo spinge avanti e lo fa rimanere fedele al suo progetto. Con successo. Il cippato per la produzione di energia proviene in gran parte dalla foresta dell’azienda e viene essiccato in due silos sotterranei. L’impianto combina una centrale elettrica a legna e un sistema fotovoltaico sul tetto. “I lavori di tipo forestale sono la mia passione. Per molto tempo, la legna da ardere non aveva più alcun valore qui da noi e rimaneva inutilizzata. Quando nel bosco vedo un albero caduto che non viene utilizzato, mi dispiace tantissimo.”

 

Ma Mühlmann, che è un vero e proprio vulcano di idee, non si affida solo alle fonti locali per la fornitura di energia. Dopo aver fatto il pieno di energia nell’Alpin Spa, un altro ambiente in cui il legno la fa da padrone, è possibile ricaricare anche il proprio veicolo elettrico a una delle due wallbox disponibili nel garage dell’hotel. E adesso andiamo a sperimentare altri geniali circoli virtuosi nel ristorante (➜ Leggete anche: Economia circolare in BMW). La cucina del Leitlhof si basa sul desiderio di innovazione, sul rispetto del cibo e dei prodotti coltivati in proprio. Gli agnelli dell’hotel vengono macellati ai macelli di San Candido e utilizzati interamente. La carne viene servita agli ospiti e la lana viene lavorata in paese dal cappellaio Zacher che ne ricava le pantofole per l’hotel.

Il maso Mühlhof si trova a pochi minuti dal Leitlhof. È la casa dei bovini di razza Angus che qui vengono allevati per essere poi serviti nel ristorante. Dal Mühlhof arrivano anche gli ortaggi freschi e le erbe che vengono utilizzati nella cucina del Leitlhof. E Mühlmann sta già lavorando ai prossimi progetti. In paese sta costruendo un ristorante e appartamenti, il tutto all’insegna dello slogan “Focus Zero”. Tutti i materiali devono essere prodotti a San Candido, gli ingredienti per la cucina sono ovviamente locali. Inoltre, la carne di produzione propria della fattoria sarà presto venduta in un negozio della fattoria per creare ancora più consapevolezza nei confronti dell’allevamento sostenibile. E nemmeno questa sarà la sua ultima idea.

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Harald Gasser: nuova vita per antiche specie di ortaggi

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Prima era un assistente sociale, oggi l’intraprendente agricoltore Harald Gasser coltiva varietà di verdure dimenticate e le fornisce anche a ristoranti stellati.

Cosa hanno in comune Harald Gasser e una concept car prodotta in un solo esemplare (➜ Leggete anche: Concept Car BMW che dovreste conoscere)? Entrambi riprendono elementi tradizionali e storici e allo stesso tempo guardano al futuro e sorprendono con dettagli emozionanti. Gasser ha compiuto un percorso insolito e, dopo aver cambiato carriera, è diventato fornitore degli chef stellati altoatesini. Ma anche l’idea di Gasser, che è sempre alla ricerca di nuove strade, è tutt’altro che ordinaria. Prima era un assistente sociale, ma oggi l’intraprendente agricoltore coltiva varietà di ortaggi dimenticati nel Aspingerhof situato sul crinale della montagna a Barbiano, sopra Chiusa. Essere un agricoltore dev’essere di nuovo un piacere, ci spiega. Questo richiede idee, energia e progetti che funzionano. E anche un po’ di disponibilità a rischiare.

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La chiave sta nel legame con la natura. Con alcune varietà, Gasser ha impiegato sette anni prima di fare il primo raccolto.

Le prime idee hanno cominciato a germogliare in lui più di 19 anni fa. Ordinò semi di 180 vecchie varietà di ortaggi da Arche Noah, l’associazione austriaca per la conservazione e lo sviluppo della diversità delle colture, e sua madre gli mise a disposizione 15 metri quadrati di terreno. Era pronto per iniziare. Un manuale? Non ce n’erano. Learning by doing. Certo, ricevette dei consigli, ma continuò ad andare per la sua strada, senza ricorrere a prodotti chimici. “Devi spruzzare”, diceva il padre. “Devi innaffiare”, consigliava la madre. Harald voleva scoprire da solo quale fosse il modo migliore. Era convinto che le piante sviluppano radici più profonde e ottengono minerali preziosi dal terreno se non vengono annaffiate molto quando sono giovani ed era altrettanto convinto di voler fare a meno dei prodotti chimici. Oggi, Gasser, sempre in vena di sperimentare, coltiva in modo biodinamico circa 800 varietà di verdure, principalmente dimenticate, su 8.000 metri quadrati di terreno.

 

Gasser paragona il suo giardino a una console di gioco. “Coltivare queste varietà è come fare un gioco, ma offline in mezzo alla natura. Se faccio un errore, non posso semplicemente fare un reload. Ho una possibilità all’anno per ogni pianta. Devi conoscere le piante, osservarle, imparare.” E impara sempre qualcosa di nuovo. Quando Gasser parla delle sue piante e del suo lavoro, gli brillano gli occhi. “Con alcune varietà, ci sono voluti sette anni prima di fare il primo raccolto.” Si riesce ad avere questa pazienza solo se si ama la propria vocazione, ammette. Il rapporto con la natura è la chiave. Con le giuste cure, nel suo giardino crescono carciofi cinesi, mandorle di terra o rape di acetosella. Per lui, una cura adeguata può anche significare saltare avanti e indietro per qualche minuto sul terreno sopra le carote interrate. Ha scoperto che questa varietà cresce di meno se è sottoposta a stress, ma il suo sapore è ancora più intenso.

Assaggiamo la senape cinese, che ha un sapore piccante, simile al cavolo: Gasser coltiva oltre dieci tipi di senape. O la sedanina, una radice dimenticata, che una volta veniva chiamata patata dell’Alto Adige. Il fiore di una pianta ha il sapore del cetriolo, mentre le foglie di un’altra sanno di ostrica. I pomodori arborei, chiamati anche tamarillo, hanno un sapore prima dolce-amaro e poi piccante-acido: un ingrediente davvero stimolante per uno chef che vuole coinvolgere tutti i ricettori del gusto contemporaneamente. Gasser ha la possibilità di assaggiare regolarmente il risultato delle preparazioni che gli chef realizzano con i suoi prodotti insoliti. Ha anche notato una tendenza riguardo alla bontà dei prodotti: “Devono essere brutti. Basta con i prodotti grandi e perfetti. Infatti, sono proprio i pezzi imperfetti a mostrare che si tratta di oggetti di artigianato e non di prodotti fatti in serie.” Prima di dirigersi verso il lago di Caldaro con la BMW iX, ci aspetta un’ultima elettrizzante esperienza culinaria per la lingua. Il fiore del paracress regala un intenso sentore di limone accompagnato da una piccola scossa sul palato. Non c’è da meravigliarsi che Harald Gasser sia così elettrizzato per il suo lavoro.

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Cantina Manincor: la viticoltura biodinamica elettrizzante

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Insieme a suo marito Michael, la contessa Sophie Goëss-Enzenberg gestisce la cantina biodinamica Manincor sul lago di Caldaro.

Superata Bolzano, il percorso punta verso le Dolomiti di Brenta e ci conduce a Caldaro. Quando si gira a sinistra alla fine della strada che porta a valle verso il lago di Caldaro e si entra nella Cantina Manincor, si è immersi in una simbiosi di tradizione e modernità. I vini della tenuta sono tra i migliori dell’Alto Adige. L’edificio storico della cantina ha più di 400 anni, ma grazie alla sala vendite riprogettata dal punto di vista architettonico e alla cantina invisibile sotto le vigne, è riuscito a fare un salto nel futuro. La cantina è stata costruita interamente sottoterra, al di sotto del vigneto, in posizione adiacente alla tenuta storica. Lo stile architettonico si rifà alla topografia del vigneto e quindi simboleggia una simbiosi con la natura. La contessa Sophie Goëss-Enzenberg ci accoglie davanti all’imponente cancello d’ingresso e non si lascia sfuggire l’opportunità di provare subito la BMW iX. Da qualche anno guida una BMW i3 completamente elettrica e nell’azienda vinicola sono state installate delle wallbox: la decisione di optare per l’elettromobilità costituisce un altro tassello di una concezione sostenibile. La contessa Goëss-Enzenberg gestisce la cantina insieme a suo marito Michael; nel 2005, prese la rischiosa decisione di ripartire da zero e, con l’aiuto dell’esperto Andrew Lorand, di convertire la fattoria alla viticoltura biodinamica. Un grande passo, ma il coraggio è stato ricompensato.

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Lo stile architettonico della nuova costruzione si rifà alla topografia del vigneto e quindi simboleggia una simbiosi con la natura. La contessa Goëss-Enzenberg guarda il lago di Caldaro dall’elegante sala di degustazione.

In ogni spiegazione del percorso intrapreso, l’entusiasmo e la passione della contessa Goëss-Enzenberg sono palpabili. La viticoltura e l’agricoltura hanno una lunga tradizione nella sua famiglia. “Ci siamo presi l’impegno di trattare questa tradizione e il grande dono della natura con rispetto. Il nostro percorso è caratterizzato dalla biodinamica e da un lavoro di qualità senza compromessi nei vigneti e in cantina. Animati dal massimo rispetto per le persone, gli animali e le piante, lavoriamo in modo olistico, sostenibile e orientato al futuro. Per farlo utilizziamo tecnologie all’avanguardia. Il nostro grande obiettivo è quello di ripristinare e preservare i cicli naturali.” Questi principi guida vengono trasmessi anche alla nuova generazione, che è già impegnata a far confluire le proprie idee nella produzione del vino. Per i Goëss-Enzenberg, il vino è più di un semplice genere voluttuario: “Un buon bicchiere di vino è un’espressione tangibile della cultura agricola. Ognuno dei nostri vini parla la propria lingua. Racconta della regione, della terra, del cielo, della pioggia e delle mani che lo curano.”

 

L’agricoltura biodinamica non è un metodo di coltivazione, ma uno sviluppo olistico dell’agricoltore o del viticoltore insieme alla sua azienda. Il terreno viene rivitalizzato con il compost e trattato con minerali in modo che diventi nuovamente un habitat per microrganismi diversi e si stabilisca un equilibrio naturale. Per loro, la soluzione per trovare questo equilibrio sta nell’unione. Un’unione con la natura e gli animali. In inverno, circa 70 pecore pascolano tra le vigne e lavorano il terreno. Anche i polli della fattoria sono preziosi collaboratori. Razzolano e concimano quotidianamente e amano anche visitare la pittoresca terrazza annessa alla sala di degustazione con una fantastica vista sulle montagne circostanti e sul lago di Caldaro, dove la contessa Goëss-Enzenberg ha appena preso posto.

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Gli animali più piccoli sono i più importanti, rivela. Lombrichi, formiche, insetti, microrganismi: tutti concorrono a formare l’humus e a rendere vivo il terreno. E quando le viti hanno qualche malattia, vengono irrorate con estratti di decotti alle erbe. La contessa paragona questo processo al suo lavoro durante il tirocinio come infermiera pediatrica. È necessario essere presente per le piante, prendersi cura di loro. La terra è come il sistema immunitario: è necessario che tutto sia perfettamente in equilibrio. Inoltre, il tempo gioca un ruolo decisivo nella viticoltura: “Occorre dare tempo alla natura. Soprattutto in un mondo in rapida evoluzione. Un prodotto come il vino ha bisogno di tempo e sono le stagioni a conferirgli le sue caratteristiche peculiari. Anche se le condizioni non sono state ottimali, ogni vino è esattamente l’espressione di quell’annata, racconta la propria storia. E noi ci rendiamo conto che le persone si prendono sempre più tempo per scoprire e gustare queste storie. Questo ci motiva a continuare il nostro cammino con gioia.”

Autore: Markus Löblein; Foto: Yannick Wolff

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