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L’importanza della prima impressione

14 min tempo di lettura
Che siate in un meeting di lavoro o ad una festa privata, non sottovalutate l’importanza della prima impressione e i segreti del linguaggio del corpo. Alexander Todorov, Professore dell’Università di Princeton, ci parla della psicologia della prima impressione e dell’importanza degli status symbol, come le auto.

Il 31 gennaio 2019

Signor Todorov, che cos’è esattamente la prima impressione? E come nasce?

Alexander Todorov: Spesso, nel prendere decisioni, ci affidiamo a delle scorciatoie: impressioni, sensazioni “di pancia”, stereotipi. Nel caso di decisioni che riguardano estranei, la scorciatoia più semplice e accessibile è la prima impressione. Queste impressioni sono giudizi sugli altri, fatti alla svelta e sulla base di segnali superficiali come l’aspetto fisico.

Quanto tempo ci vuole per avere una prima impressione su uno sconosciuto?
Todorov:
Si tratta di impressioni che nascono letteralmente al primo sguardo. Guardare un viso per meno di un decimo di secondo dà abbastanza “informazioni” per decidere. Di fatto, guardare un viso più a lungo non ha alcun effetto sulla valutazione. E stiamo parlando di giudizi non privi di conseguenze: si tratta, ad esempio, di decidere se una persona sia affidabile o competente.

Se le prime impressioni ci aiutano a far fronte alla complessità del mondo, possiamo dunque dire che sono piuttosto utili nella vita quotidiana. È così?
Todorov:
Prese come scorciatoie, possono essere d’aiuto nell’immediato, qui e ora. Ma in un determinato momento una persona può essere stanca, arrabbiata o triste. Conoscerne lo stato emotivo è un’informazione utile nel decidere come rivolgerci a lei e come interagire. Il problema, però, è che tendiamo a dedurre su questa persona molto più di quanto non trasmetta realmente il suo viso. Fugaci espressioni facciali possono portarci ad attribuire agli altri specifici tratti caratteriali. Così, pur non avendo mai visto prima questo viso e non sapendo nulla di questa persona, abbiamo l’impressione di sapere, in qualche modo, come questa persona sia nel suo insieme.

A Charles Darwin venne quasi negata la possibilità di fare lo storico viaggio sul Beagle a causa del suo naso.
Alexander Todorov

Professore universitario di Psicologia

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Prima impressione: Charles Darwin

Il naso del biologo evoluzionista Charles Darwin indica una “mancanza di energia e determinazione?”

Che ruolo ha il viso quando si forma la prima impressione?Todorov: Nessun altro oggetto attira la nostra attenzione più rapidamente di un viso. Quando interagiamo con altre persone ci concentriamo sul viso per natura: i neonati, come si è visto, preferiscono guardare i volti piuttosto che altri oggetti di pari complessità. I visi sono importanti fin dall’inizio: sono infatti essenziali tanto per la comunicazione non verbale quanto per quella verbale.

Associamo quindi determinati connotati facciali a caratteristiche specifiche? È quello che ha cercato di fare la pseudoscienza della fisiognomica.
Todorov:
In qualche misura, nel creare delle impressioni e agendo di conseguenza, applichiamo tutti una ingenua forma di fisiognomica. Ma è fuorviante l’idea di poter comprendere il carattere degli altri dalle loro apparenze. Le idee della fisiognomica erano molto diffuse ed esercitavano una grande influenza nel XIX secolo. A Charles Darwin venne quasi negata la possibilità di fare lo storico viaggio sul Beagle a causa del suo naso. Il capitano, sostenitore della fisiognomica, non credeva che una persona con un naso simile potesse “possedere energia e determinazione sufficienti” per il viaggio. Non abbiamo controllo sui nostri connotati morfologici stabili. Le espressioni emotive, però, possono modificare radicalmente la prima impressione basata sulle caratteristiche fisiche. Sorridere molto ed essere particolarmente disponibili cambia il modo in cui si viene percepiti, anche se l’aspetto fisico risulta dominante e poco affidabile.

Qual è il significato di altri aspetti della prima impressione, come ad esempio il linguaggio del corpo? E in che misura possiamo controllare questi fattori?
Todorov:
Le persone mettono insieme tutte le informazioni disponibili per farsi un’idea: la gestualità, l’abbigliamento, il modo di curare il proprio aspetto. Abbiamo molto più controllo sul modo di vestirci e di curare noi stessi. Dopotutto creiamo il nostro stile personale proprio per presentarci al mondo. È per questa ragione che questi specifici segnali esteriori contengono informazioni utili, ad esempio sul gruppo sociale a cui apparteniamo o a cui vogliamo appartenere.

Simulazione di prime impressioni: volti più o meno affidabili

Di chi vi fidate di più? Questi volti, creati dal computer, sono stati sviluppati per la ricerca di Todorov. Combinano le caratteristiche considerate affidabili (a sinistra) e quelle considerate non affidabili (a destra).

Qual è dunque il Suo consiglio per fare una buona prima impressione?

Todorov: Ciascun contesto comporta un insieme di regole o norme implicite ed esplicite. In linea generale, non vogliamo violare queste regole prima che gli altri ci conoscano. Anche nel contesto lavorativo le norme possono essere diverse. Alcuni settori sono molto più formali di altri e ci si aspetta che si indossino giacca e cravatta. Se invece si lavora per una start-up tecnologica è tutto molto più informale. Si tratta di regole implicite, che vanno studiate in anticipo per scoprire che cosa ci si aspetta da te. La questione ruota tutta intorno alle aspettative del contesto specifico nel quale ci si va a trovare.

Anche gli status symbol, come auto e orologi costosi, influenzano la prima impressione?
Todorov:
Certamente. I brand sono sempre seguiti dalla loro reputazione e dagli stereotipi. Le persone possono avere un’idea diversa di me a seconda dell’auto che guido, se è un’auto costosa o economica. Ma se quello che penseranno sarà positivo o negativo dipenderà dai loro gusti e dai loro pregiudizi.

Esistono delle idee precise su come le automobili, in quanto status symbol, influenzino la prima impressione?
Todorov:
Le deduzioni relative alle condizioni degli altri sono praticamente automatiche. E le auto, certamente, rappresentano una fonte d’informazione per tali deduzioni. Come ho già detto, ogni marchio automobilistico porta con sé la propria reputazione. Se qualcuno guida un’auto di un marchio di lusso, penseremo ovviamente che questa persona guadagni di più. Ma anche all’interno dello stesso brand esistono diverse opzioni possibili. Una berlina familiare è una scelta molto diversa da un’auto sportiva. Non scegliamo la nostra auto a caso e le nostre scelte automobilistiche rivelano le nostre preferenze, almeno in qualche misura. In un certo senso non possiamo sfuggire ai giudizi basati sull’auto che guidiamo.

Facciamo anche con gli oggetti gli stessi errori di giudizio nei quali incorriamo con i volti?
Todorov:
Gli oggetti sono una categoria a parte, perché ci si può sbagliare su una persona più che su un oggetto. Nel momento in cui vediamo un oggetto, o ci piace o non ci piace. È questione di gusti estetici: sono loro che plasmano la nostra percezione degli oggetti. Se si decide di comprare un’auto sulla base di una buona impressione e poi si scopre che la qualità non era così buona come pensavamo, allora ci siamo sicuramente sbagliati; ma a parte casi come questo non è possibile dire che preferire una cosa piuttosto che un’altra sia “giusto” o “sbagliato”.

Il colloquio di lavoro è l’esempio classico di una situazione lavorativa in cui la prima impressione ha una grande importanza. Quanto è probabile che il nostro giudizio sia sbagliato?
Todorov:
È scientificamente dimostrato che il colloquio di lavoro, soprattutto se non strutturato, dice ben poco sulle prestazioni del candidato. I colloqui non strutturati discriminano sempre le persone timide o nervose, soprattutto se la posta in gioco è alta. Il miglior consiglio per i professionisti delle risorse umane è quello di prendere decisioni in modo tale che l’aspetto non abbia nessun peso, o abbia un ruolo complessivamente marginale rispetto ai fattori davvero importanti come qualificazioni ed esperienza.

In che modo, secondo Lei, la prima impressione influisce a lungo termine sulla carriera?

Todorov: Il problema è che spesso formiamo nella nostra testa l’immagine di com’è fatta una persona sulla base di pochissime informazioni. La maggior parte delle persone non vuole essere prevenuta: vuole fare la cosa giusta. Ma i pregiudizi si insinuano facilmente e la prima impressione può influenzare le decisioni che vengono prese. Una persona rifiutata per una posizione per cui l’apparenza è molto importante può scegliere un altro percorso lavorativo.

Al giorno d’oggi chi ha competenze particolari è così ricercato da non dover presentare una candidatura presso un’azienda: saranno le aziende a inviare a questa persona la propria candidatura. Parliamo sempre di cosa debba fare un candidato per lasciare una buona prima impressione, di come debba presentarsi ad un colloquio. Ma la situazione contraria potrebbe essere altrettanto importante. Qual è Suo consiglio per un datore di lavoro?
Todorov:
È un punto molto importante. In questo tipo di professioni c’è tipicamente un grado molto alto di competizione. Una persona che lavora nelle risorse umane deve sapere cos’è importante per i candidati. Vogliono molto tempo libero? Amano lavorare senza supervisione? Non esiste un modello che vada bene per tutti: è quindi necessario essere sempre flessibili e attenti alle esigenze altrui. Qui il punto è: che cosa posso offrire al candidato per sottrarlo alla concorrenza?

Spesso formiamo nella nostra testa l’immagine di com’è fatta una persona sulla base di pochissime informazioni.
Alexander Todorov

Professore universitario di Psicologia

Warren G. Harding: una prima impressione che ha fatto storia

Secondo gli esperti, la ragione dell’elezione a Presidente degli Stati Uniti di Warren G. Harding fu il suo aspetto distinto e rispettabile.

È lo stesso discorso che vale in politica, no? Nel suo libro accenna all'esempio del presidente americano Warren G. Harding.
Todorov:
Esistono tanti sondaggi fatti dagli storici di politica americana e finora lui è considerato il peggior presidente della storia americana. Negli anni Venti il Partito Repubblicano viveva uno stallo e i Democratici non erano molto amati. Warren G. Harding aveva un’incredibile aspetto presidenziale, , in grado di fare buona impressione sulle persone. I fisiognomisti dell’epoca, che si dichiaravano capaci di capire dal volto il carattere di una persona, affermarono che il suo mento indicava che sarebbe stato un buon Presidente. L’aspetto di Harding lo aiutò ad essere eletto, ma la sua presidenza si rivelò un disastro e fu caratterizzata da una corruzione dilagante.

Può succedere anche nel contesto lavorativo?
Todorov:
In effetti è dimostrato che gli Amministratori delegati con un aspetto più competente hanno pacchetti retributivi migliori anche quando non sono i più bravi nell’aiutare le loro aziende a prendere le decisioni giuste. Quindi sì, succede senz’altro. In generale molti studi dimostrano che, in media, chi ha un bell’aspetto guadagna di più.

Quando la prima impressione di un Amministratore delegato di un nuovo collega è negativa, quanto tempo passa prima che cambi o che almeno migliori?
Todorov:
In generale, le persone sono brave nel correggere le loro impressioni. Ma ovviamente questo dipende dalla possibilità di accedere alle informazioni giuste. Se il vostro Amministratore delegato sembra freddo e distante quando vi parla, è probabile che non avrete molte altre occasioni per interagire con lui. Quindi cambierete la vostra opinione più lentamente, anche se le sue politiche sono buone. Se il vostro collega, quando lo avete conosciuto, era di cattivo umore, avrete tantissime opportunità per correggere la vostra opinione su di lui. Le impressioni negative sono un po’ più difficili da superare se riguardano questioni morali, perché di norma le attitudini morali come l’onestà ci interessano più di tratti caratteriali come l’essere estroversi.

La definizione di “comportamento normale” spesso varia a seconda del contesto. In che modo le differenze culturali influenzano la prima impressione, ad esempio durante trattative internazionali d’affari?
Todorov:
In linea di massima, ci fidiamo dei volti che risultano più familiari; ma il significato di “familiare” cambia per me e, ad esempio, per un giapponese, e già qui ci sono dei pregiudizi. Oltre a questo, è davvero necessario sapere che cosa è considerato accettabile. Anche un gesto universale come il sorriso può avere funzioni diverse: nella maggior parte delle culture occidentali sorridere è un segno di cordialità, ma in Asia Orientale è spesso un segno di sottomissione.

Per concludere, facciamo un passo indietro e guardiamo al fenomeno nel suo complesso: pensa che saremmo più ricchi se non fossimo così inclini a tutti questi giudizi affrettati nel nostro subconscio?
Todorov:
Il motivo per cui formiamo rapidamente queste prime impressioni è che viviamo in società moderne: siamo circondati da estranei e dobbiamo interagire con loro. Nella maggior parte del nostro passato evolutivo abbiamo vissuto in tribù composte da non più di poche decine di individui. Non avevamo bisogno di affidarci alle nostre impressioni; conoscevamo tutti e sapevamo che tipo di persone erano. Questo stile di vita è cambiato soltanto 15.000-20.000 anni fa circa: è per questo che ora ci servono delle scorciatoie. Le prime impressioni hanno davvero una funzione psicologica utile: servono a indovinare che cosa intenda fare una persona. È probabile ad esempio che una persona dallo uno sguardo contrariato non ci sarà di grande aiuto in quello specifico momento. La cosa importante è sapere che non potremo comprendere il carattere di una persona in questo modo: in mezz’ora di conversazione non possiamo sapere se una persona è competente e affidabile. Ma queste impressioni hanno il loro ruolo nella società e sarebbe impossibile rimuoverle.

Alexander Todorov, esperto in prime impressioni

Il cinquantenne Alexander Todorov è Professore di Psicologia all’Università di Princeton (New Jersey), negli Stati Uniti, dal 2002. Nato in Bulgaria, ha studiato psicologia a Sofia, Oxford e alla New York University. La sua ricerca si concentra sulla base cognitiva e neurale della cognizione sociale e sul modo in cui percepiamo e comprendiamo gli altri. Il suo libro “Face Value: The Irresistible Influence of First Impressions”, pubblicato nel 2017, è interessante e di facile lettura.

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