Auto senza guidatore? Un gioco da ragazzi.
Avete già portato vostro figlio a scuola o magari all’asilo? Occorre rispettare determinate regole di condotta. Ad esempio, per reagire al comportamento degli altri utenti della strada. Pedoni, ciclisti, auto o altri ostacoli non sono sempre prevedibili. Il bambino impara passo dopo passo a percepire i segnali e a reagire di conseguenza. E, giorno dopo giorno, gli accompagnatori influenzano sempre meno il suo comportamento nel traffico stradale. Ripetendo l’azione più volte, riesce infine a fare autonomamente attenzione ai pedoni che incontra o, nell’attraversare una strada, valuta correttamente la distanza e la velocità di un veicolo che si avvicina. Finché, un bel giorno, il bambino è in grado di percorrere perfettamente il tratto casa-scuola da solo. Un processo simile è immaginabile anche per la guida autonoma, il cui sviluppo portato avanti dal Gruppo BMW ha visto il suo esordio già nel 2004.
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Il livello di sviluppo dei bambini agli inizi della loro carriera scolastica è caratterizzato da un campo visivo limitato, una statura piccola e una certa inesperienza. Quando esposti a situazioni parzialmente complesse nel traffico stradale, si sentono perciò rapidamente sopraffatti. Come i bambini, anche le auto a guida autonoma devono prima apprendere come comportarsi nel traffico. Per questo, i veicoli di prova sono dotati di una sofisticata tecnologia di sensori. L’intelligenza artificiale e l’apprendimento meccanico insegnano al veicolo come riconoscere gli oggetti nel traffico stradale e come reagire.
Le auto a guida autonoma esplorano continuamente e senza distrazioni l’ambiente circostante. In questa fase, raccolgono moltissimi dati relativi all’ambiente circostante, come edifici, aree verdi e persone presenti. Le auto in grado di “vedere” si avvalgono di videocamere ottiche nella loro dotazione di base. Riconoscono cartelli, semafori e gli altri utenti della strada. I sensori a ultrasuoni misurano le distanze rispetto agli altri oggetti, mentre i sensori radar ne riconoscono la velocità. Gli scanner laser creano un’immagine 3D dell’ambiente circostante.
Come i bambini, anche le auto a guida autonoma devono prima apprendere come comportarsi nel traffico.
Le mappe HD sono simili ad una rete di sicurezza e consentono una guida previdente. Il veicolo viene localizzato sulla mappa mettendo a confronto i dati in tempo reale dei sensori con quelli della mappa. Il computer di bordo elabora in un’immagine completa tutte le informazioni dei singoli elementi tecnologici e calcola il percorso per il veicolo. A proposito di guida previdente: in presenza di dati sufficienti e di interpretazioni corrette, le auto a guida autonoma possono anche prevedere determinate situazioni di traffico.
Quantità? Meglio la qualità!
Affinché le auto a guida autonoma possano gestire in modo sicuro qualsiasi condizione di traffico, occorrono milioni e milioni di chilometri di prova e tantissime informazioni. Ma attenzione! Fare tanti chilometri non vuol dire necessariamente guidare bene. Anche nei test di guida, la qualità è più importante della quantità. In condizioni perfette può guidare chiunque ma una delle maggiori sfide nello sviluppo della guida autonoma è proprio il calcolo di situazioni estreme, come la luce serale, forti piogge o nevicate e il comportamento imprevedibile degli altri utenti della strada.
Avere il controllo di situazioni talmente complesse non è certamente possibile senza un’intelligenza artificiale sufficientemente matura. Uno strumento di sviluppo fondamentale è pertanto anche la simulazione. Dato che i veicoli di prova sulla strada non possono raccogliere tutti i dati, circa il 95% dei chilometri di prova viene percorso virtualmente mediante simulazione. Per assicurarsi che una determinata funzione resti affidabile in qualsiasi condizione, vengono identificate e variate situazioni basate su dati reali. In questo caso, le macchine si comportano proprio come i bambini sulla strada per andare a scuola: il giusto comportamento nel traffico stradale va ancora appreso. Solo allora crescerà la fiducia nelle proprie abilità o in quelle delle auto a guida autonoma, le quali offrono nuove soluzioni di mobilità anche ai portatori di handicap.
Marche di auto tradizionali? Trasformazione in gruppi tecnologici.
Un altro fattore decisivo per il successo delle auto a guida autonoma è l’uomo. In questo caso, meno il cliente e più lo sviluppatore, il cui ambiente di lavoro prende le distanze dal concetto di impresa tradizionale, spostandosi verso un gruppo tecnologico dinamico e con la mentalità di una start-up. Nel caso del Gruppo BMW, il campus per la guida autonoma aperto a Unterschleißheim nell’aprile 2018 è la manifestazione concreta di questa trasformazione digitale. Qui si riuniscono esperti di ogni tipo per contribuire al futuro della mobilità su strada.
Sviluppo basato sui dati: il 95% di tutti i chilometri di prova viene percorso in modalità virtuale.
Sui suoi 23.000 metri quadri di superficie, il campus costituisce la base perfetta per plasmare le auto del futuro. In team piccoli e dinamici, 1.800 esperti in varie discipline, provenienti da tutto il mondo, si adoperano per portare avanti lo sviluppo della guida autonoma. I ruoli tradizionali di team leader e project manager appartengono ormai al passato. Al contrario, un Product Owner fornisce una definizione del prodotto che va oltre le sue funzioni e i componenti che lo costituiscono, e viene implementato da più team di organizzazione autonoma, composti da matematici, sviluppatori o ingegneri. Ne risultano una comunicazione più agevole, più trasparenza e percorsi decisionali più brevi. Ogni membro contribuisce apportando abilità diverse. In tappe di 14 giorni, i team operano su esempi pratici attuali. Le gerarchie sono piatte e i team presentano strutture dinamiche, favorendo una risoluzione diretta di eventuali problematiche.
Nel campus si effettuano test, programmazioni e simulazioni. Prima di giungere alla produzione in serie, le auto a guida autonoma eseguiranno circa 240 milioni di chilometri di prova virtuali, raccogliendo ogni giorno petabyte di dati. Gli specialisti valutano questi dati e sono in grado di codificarne direttamente i risultati. Un’altra opzione è che lo sviluppatore del software sieda in auto con il suo computer portatile e testi un codice appena scritto.
Un po’ come la transizione dal cavallo all’auto! La mobilità che conosciamo e con cui siamo cresciuti vive oggi un rapido cambiamento. Ma qual è l’obiettivo? Le auto a guida autonoma serviranno ad accelerare o a rallentare il nostro ritmo di vita? Assumeranno una funzione di business lounge in movimento, sistema di intrattenimento o camera d’albergo mobile? Cosa scegliereste?